Tempeste emotive: ritrovare la calma

Tutti i genitori vivono l’esperienza travolgente di non riuscire sempre a sintonizzarsi sui propri bambini, quando questi sono in preda alla paura, alla rabbia e all’impotenza. É capitato a tutti! E tutti conosciamo il senso di impotenza  e di colpa che si associano al sentimento di aver fallito in una richiesta di aiuto indiretta, lanciata dalle strilla e dai contorcimenti disperati di nostro figlio.

Non riuscire a sintonizzarsi vuol dire non riuscire a stare in un dato momento in empatia con gli stati d’animo del bambino, poiché le emozioni sono così intense da arrivare a contagiare  i genitori, che quindi devono provare primariamente a calmare se stessi.

La gestione di emozioni dirompenti, come la rabbia e la paura, non è innata, viene appresa nell’arco dello sviluppo, e i primi anni di vita sono davvero fondamentali nel gettare le basi a modelli di comportamento successivi. Ecco perché è davvero molto importante riflettere sulle nostre modalità adulte di fronte agli eccessi emozionali infantili, poiché le nostre risposte o più spesso le nostre reazioni si imprimeranno nella memoria dei piccini, ritornando in seguito automaticamente in un complesso intreccio con le loro disposizioni costituzionali.

Quando siamo in presenza di un bambino agitato, furioso o disperato siamo in presenza di una vera e propria sofferenza e può accadere che si attivi dentro di noi più o meno coscientemente un bambino particolare, il bambino nascosto, accovacciato che non smette mai di esistere nel nostro mondo interiore e che porta il nostro nome, intrecciato al nome di nostra madre e di nostro padre. Generalmente infatti ricorriamo ai comportamenti che abbiamo vissuto nella nostra infanzia per tentare di ristabilire un pò di quiete in nostro figlio e dentro di noi.

I comportamenti che mettiamo in campo tuttavia non sono sempre quelli adeguati, e così può succedere che si cerchi di sedare anziché calmare, offrendo stimoli di varia natura, equivocandone la funzione. Alcuni genitori per esempio hanno l’abitudine di offrire indiscriminatamente cibo per placare l’agitazione, che però non è fame; oppure di ricorrere all’uso di videogiochi che ipnotizzano, ma di fatto non trasformano lo stato d’animo alterato; oppure può succedere che il bambino venga lasciato solo dentro la tempesta emotiva nella convinzione che arriverà un momento in cui si auto-regolerà, calmandosi da sé.

Dobbiamo invece capire che un bambino piccolo che smette di disperarsi senza l’intervento adeguato dell’adulto generalmente smette per sfinimento, incorporando un’esperienza di tipo abbandonico in cui si genera e si accumula sfiducia e senso di vuoto. Questo naturalmente accade se esperienze del genere si ripetono costantemente.

La calma è una condizione profonda psicofisica, che nasce all’interno di un’esperienza relazionale di natura corporea, come per esempio l’essere tenuti tra le braccia, vicini al cuore, e di natura psichica, come l’essere confortati e consolati da una  voce e da uno sguardo benevoli. Da qui discende la rassicurazione, ovvero il ritrovamento di un senso di fiducia, di pace e di sicurezza che ogni cosa nel mondo è tornata o tornerà quanto prima al proprio posto: il tono muscolare si distende, la respirazione torna a normalizzarsi, il cuore a battere più lentamente e tutto si fa un pò alla volta nuovamente più chiaro e semplice.

Capiamo dunque che credere che un bambino piccino o anche più grande sappia calmarsi automaticamente da solo con una tettarella, con un peluche o con un video è un grande equivoco, poiché in realtà ha un grande bisogno di contenimento e di apprendimento dal corpo/psiche della propria mamma e del proprio papà. Per questo è decisivo per un genitore sapersi calmare, sapersi ricondurre nel bel mezzo di una tempesta emotiva alla  padronanza di sé, per potersi offrire come oggetto principale di governo e di conforto, che solo molto gradualmente verrà interiorizzato e trasformato dal bambino dentro di sé nella capacità di auto-regolarsi di fronte alle proprie emozioni.


Autore: palmaminervini